Car-Toons Vol.3

In Car-Toons Vol.1 e Vol.2 ci siamo divertiti a scovare i camei più interessanti delle auto occidentali all’interno degli anime giapponesi più famosi. Una sorta di tributo degli artisti nipponici nei confronti della cultura automobilistica europea e dei modelli più iconici, dalle piccole utilitarie fino alle supercar.Oggi invece andremo a scovare le auto JDM dell’universo manga.JDM significa Japanese Domestic Market, è un acronimo molto diffuso tra gli appassionati di auto quando si parla delle sportive del Sol Levante, ma vi rientrano tutti i modelli nipponici venduti sul mercato interno. Molti, ovviamente, distribuiti anche in Europa, ma non tutti, così come è vero anche il contrario: basti pensare che la Nissan Qashqai, prodotta in UK e non più venduta in Giappone (dove si chiamava Dualis) non può essere considerata una JDM.
Per tornare alla prima volta in cui qualcuno tirò in ballo il fenomeno JDM fuori dal Giappone dobbiamo riavvolgere il nastro al 1995. Quel qualcuno è Jeremy Clarkson, che nomina il “Mid Night Club” durante una puntata di “Motorworld” in cui racconta le differenti sub-culture automobilistiche del periodo come il Drifting, un fenomeno di nicchia completamente oscuro ai più. Fu questa la miccia che fece divampare fuori dai confini il trend JDM, nato e cresciuto nelle isole nipponiche.
Se però vogliamo parlare delle origini del “Mid Night Club” dobbiamo tornare ancora più indietro, diciamo a metà degli anni ’80, quando in Giappone prese piede la moda dello “street racing”, vale a dire le corse clandestine in autostrada, di pari passo con la mania di modificare la propria auto per accrescerne le prestazioni.Fu così nel 1987 si forma il Mid Night Club, una cricca formata da un gruppetto di street racers che avevano come proprio punto di riferimento la “Wangan-sen”, quei 70 km di autostrada che costeggiano l’area metropolitana di Tokyo.Il tratto di strada sul quale questi racers erano soliti darsi battaglia era la Statale 357, una rollercoaster di tunnel e sopraelevate con lunghi tratti in rettilineo in cui si sfiorano comodamente i 300km all’ora.
Nessuno sapeva nulla su chi, come e quando si corresse, tranne i diretti interessati e una ristretta cerchia di affiliati. Insomma per farla breve, una sorta di fight club delle auto, dove segretezza e rigore erano requisiti minimi per essere ammessi.È proprio all’originale Mid Night Club che dobbiamo l’ispirazione per il primo Fast and Furious, così come per l’omonimo videogame per PS1, o ancora Need For Speed Underground e la diffusione in Europa del fenomeno JDM, seguita dai primi raduni nei parcheggi dei supermercati e dal boom di anime cult come Wangan Midnight, Initial D e You’re Under Arrest!.
Oggi parliamo del primo dei tre, Wangan Midnight, che ha come protagonista una delle auto più rappresentative del panorama JDM. Quale? Un po’di pazienza.Il manga è datato 1991, ma venne trasformato in anime televisivo solo 16 anni anni dopo, nel 2007 grazie a Keiichi Tsuchiya, che ne ricavò 26 puntate.Tutto ruota attorno al giovane Akio Asakura, un ragazzo come tanti, senza troppi grilli per la testa. Un tipo tranquillo che vive un po’ nel suo mondo, con una grande passione per l’automobilismo e la fissa per le Nissan Z.All’inizio della serie lo vediamo al volante di una Nissan Fairlady Z31, che avrà però vita breve. Akio infatti decide di metterla da parte dopo aver subito una sconfitta per mano del principale rivale di Akio, un insospettabile chirurgo di Tokyo che tutti chiamano “l’imperatore della Wangan”, alla guida di una RUF CTR ‘Yellowbird’ (964) 3600 cc turbo soprannominata Blackbird perché nera.
Il giovane viene poi a sapere che un demolitore della zona ha appena ricevuto la sua auto dei sogni, una Datsun Fairlady Z (S30).Non ci pensa su due volte e devia il consueto percorso casa-scuola per andare a dare un’occhiata di persona in officina: presa.La Devil Z, che monta un motore L-series 3100 cc bi-turbo, è chiamata così perché in passato è stata causa di innumerevoli incidenti, nell’ultimo dei quali perse la vita un ragazzo che – caso vuole – si chiamasse proprio come il protagonista, Akio Asakura. Da precisare che l’auto reale da cui prende ispirazione quella nel manga, differisce per diversi particolari, in primis nel colore. Infatti l’originale era di un bel rosso acceso invece che blu, e soprattutto il modello era 280ZX e non 240Z, ma non siamo qui a fare i pignoli.
Quest’auto rappresenta indiscutibilmente una delle auto più iconiche del mercato giapponese, in primis per la storicità del marchio. La casa automobilistica Datsun, fondata nel 1931 venne acquistata dalla Nissan Motor appena tre anni dopo.Se fate caso al logo vi sembrerà subito famigliare. Infatti, la scritta bold “DATSUN” su sfondo blu, con alle spalle il Sol Levante, simbolo del Giappone è stata la base grafica del marchio Nissan dal 1984 al 2002.Nell’86 poi, Nissan ha poi messo in stand-by la produzione di veicoli a marchio Datsun fino al 2013, anno del rilancio sul mercato.
Perché Datsun? In origine era DAT, sigla che riuniva le iniziali dei cognomi dei tre fondatori, che producevano auto con questo marchio già dal 1914, cui venne aggiunta la desinenza -son, poi mutata in -sun perché “son” in giapponese vuol dire “perdente”. Anche perché proprio perdente quest’auto non lo era, viste le discrete soddisfazioni in ambito rallystico con i successi in ben sei edizioni del Safari Rally in Africa.Ora vi chiederete perchè vi abbiamo fatto una testa tanta con questa Datsun. Bravi, iniziate a pensarci su, presto vi diremo di più.
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