Se oggi vi sembra incredibile che un’azienda nata per fare tubi d’acciaio sia finita a costruire la Mini italiana, preparatevi: questa è la storia di Innocenti, ovvero come trasformare la lamiera in leggenda, con un po’ di ingegno meneghino, un tocco di design e qualche giro di valzer con gli inglesi (e i giapponesi, e pure Fiat).

Origini tubolari (nel vero senso della parola)

Nel 1933 Ferdinando Innocenti, imprenditore toscano trapiantato a Milano, fonda la “Fratelli Innocenti”, azienda specializzata nella produzione di tubi in acciaio. Con sede nel quartiere Lambrate, diventa presto un colosso della meccanica pesante. Ma la Seconda Guerra Mondiale cambia tutto: le fabbriche vengono danneggiate, il mercato civile crolla e serve reinventarsi.E così nasce una delle intuizioni industriali più brillanti del Novecento.

La Lambretta: lo scooter proletario (ma con stile)

È il 1947. L’Italia è distrutta, ma ha bisogno di muoversi. Le auto sono un lusso, le strade sono piene di buche e i treni vanno… quando va bene. Serve qualcosa di economico, agile, robusto. Qualcosa che possa portare due persone e magari un sacco di patate. Innocenti lancia quindi lo scooter Lambretta, progettato da Cesare Pallavicino e disegnato da Pier Luigi Torre. Il nome? Viene dal fiume Lambro, che scorre vicino allo stabilimento. A differenza della rivale Vespa, la Lambretta ha un telaio a traliccio e un aspetto più “maschile”, quasi militare. È meno chic, ma più tecnica. Ed è amata proprio per questo. È lo scooter dei lavoratori, dei ragazzi di periferia, dei Mods londinesi e degli studenti italiani in giacca e cravatta.

Lambretta M (Modello A) - 1947

  • Il primo modello in assoluto.
  • 123 cc, design spartano e struttura a trave centrale.
  • Telaio aperto, pensato per essere accessibile anche a chi indossava la gonna (soluzione rivoluzionaria per l’epoca).

Lambretta B / C / LC / LD - 1948–1957

  • Gamma evolutiva con miglioramenti su sospensioni e comfort.
  • LD (1951): uno dei modelli più longevi e popolari.
  • Introduzione del motore 150cc e versioni con avviamento elettrico.

Lambretta D (e TV 175 Series 1) - 1951–1958

  • Telaio tubolare, look più robusto.
  • TV 175 (1957): la prima “granturismo” a ruote piccole, considerata la prima scooter GT al mondo.
  • Freni migliorati, sospensioni più performanti.

Lambretta Series 1, 2, 3 - 1958–1971

  • Queste sono le serie iconiche, soprattutto la Series 3, conosciuta anche come LI.
  • Modelli principali: LI 125 / LI 150 - TV 175 / TV 200 - SX 150 / SX 200 - DL/GP 125, 150, 200 (1969–1971): ultima serie prodotta, dallo stile aggressivo e moderno, firmata Nuccio Bertone.

Lambretta Special / Golden / Silver Special - anni ’60

  • Versioni sportive ed eleganti con nuove colorazioni e finiture.
  • Derivate dalla LI, ma con miglioramenti estetici e meccanici.

Lambretta Vega / Lui - 1968–1969

  • Design futuristico di Bertone, pensato per un pubblico giovane.
  • Modelli: - Lambretta Lui 50C / 50CL / 75CL - Vega 75S / Cometa.
  • Fu un flop commerciale, ma oggi è un cult da collezione.

Modelli esteri (prodotti su licenza):

  • Lambretta GP (UK) – Versione della DL, molto amata dai modaioli “Mods” inglesi.
  • Lambretta Serveta (Spagna) – Prodotta a lungo in versione LI e Jet 200.
  • Lambretta API (India) – Produzione continuata fino agli anni ’90, con diversi restyling locali.
La Lambretta è storia italiana ma è anche stata esportata in tutto il mondo, prodotta su licenza in India, Spagna, Argentina e persino in Brasile. Oltre ad essere uno dei simboli della ricostruzione italiana, come la 500 e la Vespa, è apparsa in decine di film e ha ispirato collezionisti, club e raduni ancora oggi attivi in tutto il mondo.

Poi arrivò la Mini (e i guai)

Negli anni ‘60, Innocenti decide che non bastano le due ruote: serve passare anche alle quattro. Grazie a un accordo con la British Motor Corporation, inizia a costruire in Italia la Mini, il geniale progetto di Alec Issigonis. Ma ovviamente, da buoni italiani, Innocenti la migliora: interni più curati, finiture più raffinate, dettagli che la rendono… più milanese.Nel 1974, dopo il caos British Leyland, tocca a Bertone ridisegnare la Mini: nasce la Nuova Mini, con una carrozzeria più squadrata, fari incassati e un certo “je ne sais quoi” tutto italiano. Ma i problemi economici crescono.

De Tomaso, Daihatsu e Fiat: il gran finale (non troppo lieto)

Nel 1976, l’azienda passa a Alejandro De Tomaso, imprenditore argentino con il pallino delle auto sportive. Nasce così la Mini De Tomaso, versione sportiva con cerchi in lega, spoiler e interni grintosi (anni ‘80 a palate).Poi arrivano i motori Daihatsu e modelli come la Innocenti Minitre e la Elba, piccole utilitarie nate per sopravvivere sul mercato. Nel 1990, Fiat acquisisce il marchio, ma non ci crede troppo. Nel 1993 la produzione cessa. Fine dei giochi.

Modelli storici a quattro ruote (per completisti)

  • Innocenti Mini (1965–1974): la Mini col cappotto sartoriale.
  • Nuova Mini Bertone (1974–1982): modernizzata e squadrata, molto anni ’70.
  • Mini De Tomaso (1983–1988): con spoiler, strisce e sogni sportivi.
  • Minitre e Mille (anni ’80): la sopravvivenza, versione compatta.
  • Elba e Koral: prodotte in collaborazione con Yugo e Fiat. Per veri archeologi dell’automotive.
Per dire proprio tutto ciò che serve dire è bene che sappiate che il termine “lambrettista” è ancora oggi usato per identificare i fedelissimi dello scooter di Lambrate, in più c’è da sapere che a Milano esiste ancora il Lambretta Club, attivissimo, con restauratori quasi religiosi.Film, canzoni e letteratura, la Lambretta ha generato moltissima cultura pop. A noi piace molto e piace anche la rivalità con l’iconica Vespa. Se la prima è più adatta ai terreni accidentati, la seconda è più agile. Se la prima ha il motore centrale, la seconda ce l’ha laterale, posizione che portava la Vespa ad essere più sbilanciata. Le malelingue dicevano che la Lambretta era molle, sul mercato ha sempre vinto la Vespa ma a noi queste fandonie non interessano. Nella loro sana rivalità, le due ruote più famose d’Italia hanno generato innovazioni mica da ridere, non solo nella tecnica ma anche negli stili di vita.
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